Osteopatia vs Medicina Allopatica nella lombalgia cronica: uno studio comparativo di 36 mesi su empatia, risultati clinici e qualità della vita
Osteopatia vs Medicina Allopatica nella lombalgia cronica: uno studio comparativo di 36 mesi su empatia, risultati clinici e qualità della vita

La lombalgia cronica (chronic low back pain, CLBP) è una delle principali cause di disabilità a livello globale, colpendo oltre 500 milioni di persone. Negli Stati Uniti, secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), ben 20 milioni di adulti convivono con un dolore cronico a forte impatto, che limita significativamente la qualità della vita. Il dolore lombare cronico non è solo un sintomo: è una condizione complessa, spesso accompagnata da comorbidità, che influisce sulla funzione fisica, sul benessere psicologico e sulle relazioni sociali. In questo contesto, la medicina osteopatica — con il suo approccio centrato sulla persona e l’impiego di trattamenti manuali — sta guadagnando crescente attenzione come possibile alternativa all’approccio allopatico tradizionale. Numerosi studi, inclusi quelli condotti dalla American Osteopathic Association, raccomandano fortemente l’impiego dell’osteopatia, in particolare dell’Osteopathic Manipulative Treatment (OMT), per la gestione della lombalgia cronica non specifica. Due meta-analisi di riferimento (Franke et al., 2014; Licciardone et al., 2005) hanno confermato l’efficacia clinica dell’OMT nel ridurre il dolore e migliorare la funzionalità, rafforzando il ruolo dell’osteopatia all’interno delle linee guida internazionali.
Uno studio recentemente pubblicato, dal titolo “Chronic pain outcomes among patients treated by osteopathic vs. allopathic physicians: a 36-month follow-up study”, pubblicato sul Journal of Osteopathic Medicine, condotto con rigore e attenzione a una visione olistica della cura, offre nuove e preziose evidenze sull’efficacia dell’approccio osteopatico rispetto a quello allopatico nella gestione della CLBP. Il lavoro, firmato da un team di ricercatori statunitensi guidati dal Dr. John Licciardone, propone un’analisi approfondita degli esiti a lungo termine, con uno sguardo particolare agli elementi che potrebbero spiegare le differenze tra i due approcci.

Lo studio in breve
Lo studio è stato progettato come uno studio di coorte retrospettivo, utilizzando dati provenienti dal Pain Registry for Epidemiological, Clinical, and Interventional Studies and Innovation (PRECISION), un registro nazionale che raccoglie informazioni da pazienti con dolore cronico negli Stati Uniti. Sono stati inclusi 1.491 partecipanti di età compresa tra 21 e 79 anni, tutti affetti da lombalgia cronica da almeno tre mesi e seguiti da un medico di riferimento (osteopatico o allopatico) per almeno sei mesi consecutivi.
I partecipanti sono stati seguiti per 36 mesi attraverso incontri trimestrali (fino a 13 per ciascun paziente). Durante ogni incontro venivano raccolti dati sui seguenti esiti:
- Intensità del dolore lombare (valutata con una Numerical Rating Scale, NRS, da 0 a 10);
- Disabilità funzionale (misurata con il Roland-Morris Disability Questionnaire, RMDQ);
- Impatto del dolore (misura composta derivata da NRS, funzionalità fisica e interferenza del dolore, secondo le scale PROMIS-29);
- Qualità della vita legata alla salute (Health-Related Quality of Life, HRQOL, attraverso il punteggio SPADE che integra sonno, dolore, ansia, depressione ed energia);
- Presenza di dolore diffuso cronico (Chronic Widespread Pain, CWP, valutato con domanda specifica);
- Recupero dalla CLBP, definito come punteggio ≤1 su NRS e ≤4 su RMDQ.
L’analisi ha inoltre esplorato tre possibili mediatori degli effetti dell’approccio osteopatico: l’uso di trattamenti manipolativi osteopatici (OMT), la prescrizione di oppioidi e il livello di empatia percepita da parte del medico (misurata con la scala CARE).

Cosa è emerso: i numeri parlano chiaro
I risultati dello studio parlano con chiarezza: su molteplici indicatori, i pazienti seguiti da medici osteopati hanno riportato esiti migliori.
- Dolore: 6.3 vs 6.5 nella scala NRS (p=0.05).
- Disabilità funzionale: 14.8 vs 15.6 (p=0.008).
- Impatto del dolore: 31.9 vs 32.7 (p=0.07).
- Qualità della vita legata alla slaute (HRQOL): 57.8 vs 58.4 (p=0.04).
Questi dati, pur indicando differenze modeste in valore assoluto, acquistano grande significato in un contesto clinico cronico, dove anche piccoli miglioramenti possono tradursi in benefici rilevanti per la quotidianità del paziente. Inoltre, l’effetto sembra accentuarsi in sottogruppi specifici: i pazienti più giovani, con minori comorbidità e dolore presente da meno di cinque anni, sembrano trarre il massimo beneficio dall’approccio osteopatico.
Va segnalato però che non sono state osservate differenze significative nella frequenza del dolore diffuso cronico (CWP) o nei tassi di recupero clinico (circa 8-10% in entrambi i gruppi), indicando che l’approccio osteopatico migliora la gestione del sintomo ma non necessariamente il recupero completo secondo i criteri clinici più stringenti.

Il ruolo centrale dell’empatia (e dell’OMT)
Il cuore del lavoro però sta nella ricerca dei meccanismi che spiegano questi risultati. Perché i pazienti seguiti da osteopati stanno meglio? La risposta, secondo gli autori, si trova soprattutto nella qualità della relazione terapeutica.
Utilizzando un modello di analisi della mediazione, è emerso che l’empatia del medico è il fattore più fortemente associato a esiti migliori. Questo risultato si allinea con precedenti evidenze, che hanno mostrato come l’empatia clinica sia un predittore significativo di soddisfazione del paziente e di miglioramento degli esiti in patologie croniche, inclusa la CLBP (Licciardone et al., 2024; Mercer et al., 2004).I pazienti DO hanno assegnato ai loro medici punteggi medi di empatia significativamente più alti (42.4 vs 38.3 su scala CARE). Questo elemento da solo ha spiegato gran parte delle differenze riscontrate su dolore, funzionalità e qualità della vita. In secondo luogo, anche l’utilizzo di trattamenti manipolativi osteopatici (OMT) ha giocato un ruolo positivo, soprattutto sulla funzione fisica e la qualità della vita. Inaspettatamente, la minore prescrizione di oppioidi da parte dei DO — pur evidente nei dati — non ha avuto un impatto diretto sugli esiti clinici valutati.


Perché tutto questo è importante per un osteopata?
Questo studio rappresenta una conferma scientifica di qualcosa che molti osteopati già percepiscono nella pratica quotidiana: il modo in cui curiamo conta tanto quanto cosa facciamo.
L’approccio osteopatico, che integra competenze manuali, ascolto attivo e attenzione alla globalità della persona, si dimostra efficace nel migliorare la gestione della CLBP. In particolare, l’elemento relazionale — spesso sottovalutato nella medicina tradizionale — emerge come una delle chiavi principali del successo terapeutico.
Per il professionista osteopata, questa è una chiamata all’azione:
- coltivare la propria capacità empatica,
- dedicare tempo all’ascolto del paziente,
- impiegare con consapevolezza l’OMT nei casi appropriati,
- e restare aggiornati sulla letteratura scientifica.
Tutto questo non è un semplice valore aggiunto, ma il cuore di un approccio terapeutico che punta a migliorare davvero la vita delle persone che soffrono.

Conclusione
Questo studio ha rilevato che i pazienti con CLBP trattati da osteopati hanno riportato risultati migliori in termini di dolore, funzionalità e qualità della vita correlata alla salute (HRQoL) rispetto ai pazienti trattati da allopatici in un follow-up di 36 mesi.
L’osteopatia non è solo una disciplina manuale, ma una visione della cura centrata sulla persona. Questo studio ci ricorda che il tocco, l’ascolto e la relazione non sono secondari, ma elementi centrali in grado di modificare l’andamento clinico delle patologie croniche come la lombalgia.
In un mondo medico che spesso corre verso la tecnologia e la standardizzazione, l’osteopatia offre un punto fermo: un approccio umano, competente e fondato su prove. Continuare su questa strada, con rigore scientifico e passione clinica, rappresenta non solo un’opportunità professionale, ma una responsabilità verso i nostri pazienti.
Bibliografia
- Licciardone JC, Lewis H, Dahl K, Adams B, Aryal S. Chronic pain outcomes among patients treated by osteopathic vs. allopathic physicians: a 36-month follow-up study. J Osteopath Med. 2025; doi:10.1515/jom-2025-0037.
- Franke H, Franke JD, Fryer G. Osteopathic manipulative treatment for nonspecific low back pain: a systematic review and meta-analysis. BMC Musculoskelet Disord. 2014;15:286.
- Licciardone JC, Brimhall AK, King LN. Osteopathic manipulative treatment for low back pain: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. BMC Musculoskelet Disord. 2005;6:43.
- Licciardone JC, Tran Y, Ngo K, Toledo D, Peddireddy N, Aryal S. Physician empathy and chronic pain outcomes. JAMA Netw Open. 2024;7(3):e246026.
- Mercer SW, Maxwell M, Heaney D, Watt GC. The consultation and relational empathy (CARE) measure: development and preliminary validation and reliability of an empathy-based consultation process measure. Fam Pract. 2004;21(6):699–705.
Luca Lombardi, D.O.